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Salari e profitti, le verità nascoste

di Valentina Adorno, Andrea Ichino e Giovanni Pica

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28 GENNAIO 2009
Lo studio completo / "L'esperimento senza dati"
Grafici e tabelle

L'accordo quadro sulla riforma degli assetti contrattuali reggerà alla prova dei fatti? Avvantaggerà i lavoratori? Le imprese? Entrambi? Dopo i quattro anni di sperimentazione, dicono le parti, tireremo le somme. Perché si possa fare, però, sarebbe necessario un monitoraggio immediato e continuativo di retribuzioni reali e margini di profitto.

Monitoraggio impossibile senza dati statistici
Purtroppo questo monitoraggio non sarà possibile perché mancano i dati statistici necessari per la sua realizzazione. Se la situazione rimanesse questa, l'esperimento non potrebbe generare in tempi utili un insieme di dati accettati da entrambe le parti in base ai quali trarre conclusioni.
In Italia, quel poco che sappiamo sui redditi da lavoro delle famiglie riguarda le retribuzioni contrattuali (poco informative perché assai diverse da quelle di fatto) e i dati della contabilità nazionale, una fonte certo importante, ma ben lontana dai dati individuali che sarebbe necessario avere.

La contabilità nazionale è una «scatola nera», gestita dall'Istat,che macina dati elementari producendo, attraverso ipotesi necessariamente arbitrarie, statistiche aggregate (monte salari, quota profitti) per soggetti economici artificiali come le «unità di lavoro equivalente». Sono informazioni di cui non si può certo fare a meno, ma sarebbe utile poterle confrontare, come accade in altri Paesi, con quelle offerte dai dati elementari costituiti dalle buste paga dei singoli lavoratori, dai profitti delle singole aziende e da misure della produttività reale di ogni soggetto. Di queste informazioni di base in Italia esistono solo frammenti incompleti e imperfetti, che vengono resi disponibili con enorme ritardo e di cui le parti sociali usano via via solo quello che ritengono opportuno, rendendo impossibile una valutazione condivisa dei fatti.

Negli Usa non ci sono due verità contrapposte riguardo all'evoluzione della struttura delle retribuzioni e dei margini di profitto dal dopoguerra ad oggi: si discute animatamente di cosa possa aver determinato quella evoluzione e se vada con-trastata o assecondata. Ma su quali siano i fatti da spiegare c'è una sostanziale condivisione di opinioni.

Le verità contrapposte e la carenza di dati condivisi
In Italia, invece, da una parte la Cgil denuncia che i salari reali dei lavoratori dipendenti sono stagnanti dal 1993 addirittura in calo dal 2000 e che le imprese, pur essendo cresciuti i margini di profitto, non hanno redistribuito i guadagni di produttività; dall'altra la Confindustria risponde che i salari reali sono aumentati forse poco, ma certamente più della produttività e la profittabilità del capitale è diminuita. Ossia stiamo tutti peggio e non sono solo i lavoratori dipendenti a pagare il conto. Tra i due contendenti, la Banca d'Italia descrive, negli studi approfonditi dei suoi ricercatori (quasi sempre ignoti al grande pubblico), una realtà più complessa che sindacati e imprenditori cercano di volgere ciascuno a proprio favore.

Come possono coesistere queste verità contrapposte, tra le quali chi vuole capire fa fatica ad orientarsi? Una ragione importante è proprio l'assenza di dati elementari statisticamente rappresentativi e condivisi da entrambe le parti, che eliminino le differenze sulle informazioni di base necessarie per stabilire i fatti. Se questa base comune esistesse rimarrebbero, come è naturale e giusto, le differenze sulle interpretazioni e sui giudizi di valore, ma si avrebbe il vantaggio di focalizzare il dibattito su come affrontare la situazione e non su quale sia la situazione: i salari dei lavoratori sono diminuiti o no? I profitti delle imprese sono aumentati o no? Questo contribuirebbe anche a ridurre la temperatura del dibattito, eliminando quella parte della materia del contendere che allontana inutilmente le parti l'una dall'altra. Ciò sarebbe possibile con un investimento, tutto sommato limitato, nella raccolta di informazioni statistiche adeguate, che sono spesso già disponibili ma non vengono messe a disposizione della comunità scientifica e dell'opinione pubblica.

Con l'aiuto di alcune schede, vediamo quel poco che sappiamo di certo e quello che possiamo imparare sull'andamento di salari reali, profitti e produttività dagli esigui dati disponibili, purtroppo non molto recenti.
L'andamento del salario reale medio è fortemente influenzato dai mutamenti di composizione della forza lavoro, in particolare dalla maggiore partecipazione di donne e immigrati tipicamente pagati meno della forza lavoro maschile. L'andamento dei prezzi diverge notevolmente tra le regioni italiane e quando se ne tiene conto il centro risulta godere di salari reali maggiori: la maggior enfasi data dal recente accordo alla contrattazione territoriale e aziendale va nella direzione giusta, seppure in modo ancora timido. Nel complesso, sia le imprese che i lavoratori hanno perso negli anni considerati perché l'intero Paese è meno produttivo.

  CONTINUA ...»

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